giovedì 4 febbraio 2010

L'uomo che verrà - Costruttori di pace?


C'era la pace a Monte Sole, manca la pace.
La capacità del regista di dirigere il nostro sguardo attraverso la vita contadina, e in particolare attraverso gli occhi di una bimba muta, ultima per eccellenza, ci permette di vivere non solo l'esperienza tragica di Monte Sole, luogo del famoso eccidio nazista del 1944; ma di intendere come dietro quella tragedia risieda l'azione costitutiva della logica dello sfruttamento. I più poveri sono sfruttati, sono i primi a pagare le conseguenze della storia (cioè delle decisioni dei "capi"), senza riceverne alcunché in cambio. Subiscono la guerra, come prima subivano le angherie del padrone e come hanno subito i soprusi del fascismo.
L'eccidio non è che la punta apicale dello sfruttamento, che diventa morte violenta, insensata pazzia laddove colpisce dei civili, donne e bambini, visti come nemici armati e massacrati di conseguenza.

Ma il film non si limita a questo. Il finale lascia intendere (così come anche il titolo) di un futuro che può essere diverso.
E se diverso lo è stato grazie alla Resistenza, da cui è nata la Democrazia; di certo molto è ancora da compiere per sradicare quella logica di sfruttamento che ci impedisce di vivere in una società di pace.
Perché la pace non si limita all'assenza della guerra guerreggiata, ma nell'assenza o, meglio, nella limitazione del conflitto con l'altro. Che non può che provenire dalla volontà di non volersi rimettere alla logica ferrea dello sfruttamento, ma che obbliga ad aprirsi all'altro, ai suoi bisogni ed alla necessità di vivere per la giustizia...

Allora il film pare ben riuscito, anche se non troppo fedele ai tanti racconti dei superstiti. Ma gli si perdona anche questo, a patto che serva come finestra sul nostro presente per farci impegnare di più.