mercoledì 30 marzo 2011

Una lectio per non essere solo pieni di noi stessi: Tobia, un libro umanissimo

La condizione di chi ricerca qualcosa, la nostra condizione, affrontata e analizzata nei temi dell'anno tra scelte e vocazione, ci conduce linearmente all'incontro con la Bibbia. E da qui, è stato naturale immaginare qualche incontro di lectio divina.
In tal senso la nostra condizione somiglia a quella di Cristiana, l'interlocutrice della lettera di Lambiasi, che scrive: "Ho cercato Dio, ho trovato la fede, ho scoperto l'amore. Il suo primo nome è Misericordia, il novantanovesimo è Tenerezza; secondo segreto: la fede è un grande amore; terzo, la santità è bellezza. Ma ora ho bisogno di imparare a pregare con la Bibbia; vorrei fare della parola di Dio il viatico quotidiano del mio pellegrinaggio del cuore".
Da qui, alla lectio:

Il primo motivo è quello della nostra ricerca: siamo nella condizione di approfondire il nostro incontro con Dio e la Bibbia è lo strumento migliore di cui possiamo disporre.
Il secondo gli è affine: leggere la Bibbia ci offre un percorso di preghiera ponderato. Ci insegna a pregare, cioè a non riempirci solo di noi stessi; ci allontana dall'egoismo.
Il terzo motivo è che ci offre un esempio migliore di Narciso, cioè di una società fondata su tre equazioni: la gioia coincide con il piacere (a me mi piace); la verità è uguale all'opinione (a me mi pare); la libertà fa rima con spontaneità (a me mi va). Ci offre l'esempio di Gesù. Di un Dio che ci libera dagli idoli vuoti e ci aiuta a capire il nostro posto nel mondo.
Il quarto motivo è quello di un Gesù che diventa luce per la nostra fede e per la nostra vita. E la Bibbia è vita, non semplicemente un libro di carta. E, attraverso la lectio, possiamo affinare il modo di incontrarlo: la lettura diventa uno strumento per trasformare qualcosa che può essere usato per il barbecue, in qualcosa che ci riempa la vita!

Infine, il motivo conclusivo, è che siamo alla fine di un ciclo. E ho ritenuto importante concludere con un percorso che ci dia la possibilità di aprirci al futuro. Leggere la Bibbia assieme non ci rinchiude in noi stessi, ma ci dà uno slancio di crescita per vivere il futuro. E, come leggere e commentare un libro con gli amici è affascinante, così lo sarà anche per questo libro strano che è la Bibbia...

La scelta è caduta sul libro di Tobia, perché è un racconto denso di vita. Perché contiene quello che sperimentiamo nelle nostre vite: le debolezze, le ingiustizie, le nostre buone opere che non vengono colte da nessuno, le nostre preghiere "inascoltate"; c'è un angelo che viene mandato dal Signore a tirarci su per i capelli, a salvarci quando ne abbiamo bisogno, che ci accompagna in un cammino - e manco ci accorgiamo che ci sia... -, e c'è uno sperare contro ogni speranza che dà realtà viva ad un racconto vero. E nello squarcio di vita che si apre, c'è l'incontro con Gesù. 
Un incontro che diventa missione, impegno, esercizio: vita ancora!

Leggere nella Bibbia l'amore di Dio, oltre a farci comprendere la sua presenza nella storia, ci aiuta ad incontrarlo. Ovviamente, come in tutte le cose che si fanno una prima volta, occorre metterci del proprio: occorre mettersi in gioco e crederci un pochino; metterci il cuore. Sennò tutto può venire male; e perdere tempo non ha senso...
L'impegno, per leggere al meglio qualcosa che ci può parlare di noi, è uno sforzo che sicuramente verrà ripagato lautamente.

Inizieremo, quindi, leggendo alcuni brani dei primi 5 capitoli...

domenica 27 marzo 2011

Un progetto educativo: il gruppo dei '93

Capita frequentemente che don Mario chieda a noi educatori quale percorso stiamo compiendo con i ragazzi e, nel rendergli merito del mandato assegnatoci, nell'indicarne le difficoltà, ci invita a condividere con la comunità lo sforzo catechetico di questi anni.
In un periodo storico in cui al maestro abbiamo sostituito l'amico, essere educatori (e, per con­verso, avere degli educatori) in una parrocchia è una possibilità rara, perché il maestro, l'insegnante, il catechista e l'educatore interpongono, rispetto al semplice rapporto orizzontale di amicizia, una distanza che, se da un lato non si risolve nel “dare i buoni consigli” (F. De André, Bocca di Rosa), non è una semplice istruzione intellettuale; si tratta di un coinvolgimento spirituale nella vita dei ra­gazzi, guidato dall'attenzione al condurli verso una meta sicura. Una capacità di lettura dei loro cuo­ri, lontana dal coinvolgimento affettivo dei loro coetanei, per illustrare loro quegli orizzonti delle proprie vite che ancora non vedono e su cui potranno spendere le proprie capacità.
Si capisce facilmente che l'educatore ha un ruolo fondamentale, perché conduce i ragazzi per il giusto sentiero fuori dalla foresta, e gli dà la possibilità di liberarsi dai fantasmi, dagli ospiti inquie­tanti del proprio animo (Lc 8, 32-40; F. Dostoevskij, I Demoni).
Nella necessità di emanciparsi dai precetti dei cattivi maestri, attraverso l'educatore parrocchiale è possibile incontrare il vero Maestro, che realmente ci libera dalle idee-mito del nostro tempo e ci traghetta al di là dell'inquietudine di chi più non capisce e più non si orienta (U. Galimberti, I miti del nostro tempo). Così, alla ricerca dei ragazzi della verità della teoria, che conduce sovente alla tristitia, si accosta l'incontro con quel bene che ci rende veri (Mt 5, 3-12), non solo più giusti, ma che evita anche la nostra frantumazione (Benedetto XVI, Discorso alla Sapienza – 2008).
Sotto questo cappello, con i ragazzi del '93, dopo la professione di Fede e il campo semi-i­tinerante a Monte Sole, riassumendo, ci siamo interrogati sui concetti di responsabilità e libertà: dal Discorso della Montagna (A. Grün, Felicità beata) alle distorsioni della modernità e alle alternative possibili: le azioni di Gesù (le tentazioni, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, fino all'ultima cena) e lo sforzo di creare un'etica condivisa di E. Bianchi. Cercare di stare attorno all'unico pane, è significato distinguere tra la logica consumistica e quella del dono; confrontarsi con le difficoltà dei discepoli (il giovane ricco, il padre misericordioso, i discepoli di Emmaus) ci ha permesso di vedere per immagini l'amore del Padre e il suo progetto di giustizia che si è manifestato in Cristo (Rm 3, 21-22). In questo amore si incontra il motivo guida delle nostre scelte, fino all'incontro con don Mi­lani, alla sua libertà totale nella “paradossale” assenza di libertà, che ci permette di comprendere il comando di Dio come indizio di liberazione (A. Grün. I dieci comandamenti. Segnaletica per la li­bertà). Il campo estivo a L'Aquila è stato la scoperta della gioia nel servizio al di là di ciò che atten­diamo per noi.
Il confronto tra i desideri del nostro animo coi sogni che ci vengono trasmessi dalla pubblicità (quante riviste!), l'interrogarsi sul conformismo e il consumismo (l'abbonamento ad Altroconsumo). E l'incontro con le testimonianze di chi compie servizi per gli emarginati di Bologna, dal carcere all'ambulatorio Biavati, ci ha aperto lo sguardo su una vita diversa. Cioè l'alternativa dell'impegno al disimpegno della società attuale (A. Moravia, Gli indifferenti, Il conformista): la scuola come strumento per cercare un senso alla propria vita, il dominio della parola come possibilità di formarsi ed esprimere davvero le proprie idee e sentimenti (don Milani), la ricerca della vera ricchezza (E. Bianchi, Verae divitiae, in Il dio denaro) in alternativa alla cultura della celebrità che non rende felici. Ci siamo interrogati sul dove cercare la felicità che, con l'aiuto di Riccardo, abbiamo capito non essere nel riempirsi fino allo scoppiare, ma nel dono di sé (Teresa di Calcutta, La gioia di darsi agli altri). Perché, in fondo, vogliamo vivere di passioni intelligenti, non dell'illusione pubblicitaria (Z. Bauman, Vite di corsa). Per riconoscersi ancora amati da Gesù, e di un amore che dà molto frutto (Gv 15, 1-11).
In questo elenco, tutt'altro che esauriente, mi si lasci la possibilità di citare alcune altre cose viste e discusse, dai discorsi di Saviano ed Enzo Bianchi, di Bergonzoni sulla chiusura del Duse, alla vi­sione di film quali Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Il portaborse, Il Grande Dittatore, Blade Runner, Il sorpasso, Draquila, L'uomo che verrà, sempre per citarne solo alcuni.

Parrocchia di

S. Antonio di Savena
GRUPPO GIOVANISSIMI
QUARESIMA
2011
CALENDARIO
Mercoledì 9/3, ore 20.30
Lancio programma Quaresima 2011 Messa delle Ceneri
Domenica – 20/3, ore 9-16
Ritiro di Quaresima a Monte Sole
Venerdì – 1/4, ore 21.00
Via Crucis per le strade
Sabato 16/4, ore 20.00 circa dalla Parrocchia
Serata delle Palme per tutti giovani della Diocesi con processione da Piazza Maggiore
Domenica 17/4, ore 11.30
Professione di Fede
Giovedì Santo – 21/4, ore 20.30
S. Messa in Cena Domini
Venerdì Santo – 22/4, ore 8 circa
Lodi e momento di condivisione
Sabato Santo – 23/4, ore 8 circa
Lodi e momento di condivisione
Sabato Santo – 23/4, ore 22.00
Pasqua di Resurrezione

Conoscere e pensare, oltre agli scherzi...

"Conoscere è necessario, ma non basta. Dalla conoscenza occorre poi passare alle scelte e alle decisioni. Ora, se è importante il modo di conoscenza perché questa sia adeguata alla realtà, non meno importante è il modo di decisione, perché esso sia il più possibile conforme alla volontà dei cittadini ed efficacemente ne orienti e ne avvalori gli impulsi migliori, le energie più sane ed edificatrici. Occorre promuovere e sviluppare un modo di scelta e di deliberazione da parte dell'Amministrazione che, senza snaturare i principi e le strutture cardine dell'ordinamento giuridico italiano e della legislazione in materia, ma anzi realizzando già alcune potenzialità espresse dalla legislazione comunale, consenta la più larga e viva partecipazione possibile a tutti i cittadini, considerati nelle articolazioni organiche della città.” (Giuseppe Dossetti)

mercoledì 16 marzo 2011

Quaresima - Pasqua 2011

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
PER LA QUARESIMA 2011
 “Con Cristo siete sepolti nel Battesimo,
con lui siete anche risorti” (cfr Col 2,12)
 
Cari fratelli e sorelle,
la Quaresima, che ci conduce alla celebrazione della Santa Pasqua, è per la Chiesa un tempo liturgico assai prezioso e importante, in vista del quale sono lieto di rivolgere una parola specifica perché sia vissuto con il dovuto impegno. Mentre guarda all’incontro definitivo con il suo Sposo nella Pasqua eterna, la Comunità ecclesiale, assidua nella preghiera e nella carità operosa, intensifica il suo cammino di purificazione nello spirito, per attingere con maggiore abbondanza al Mistero della redenzione la vita nuova in Cristo Signore (cfr Prefazio I di Quaresima).
1. Questa stessa vita ci è già stata trasmessa nel giorno del nostro Battesimo, quando, “divenuti partecipi della morte e risurrezione del Cristo”, è iniziata per noi “l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo” (Omelia nella Festa del Battesimo del Signore, 10 gennaio 2010). San Paolo, nelle sue Lettere, insiste ripetutamente sulla singolare comunione con il Figlio di Dio realizzata in questo lavacro. Il fatto che nella maggioranza dei casi il Battesimo si riceva da bambini mette in evidenza che si tratta di un dono di Dio: nessuno merita la vita eterna con le proprie forze. La misericordia di Dio, che cancella il peccato e permette di vivere nella propria esistenza “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5), viene comunicata all’uomo gratuitamente.
L’Apostolo delle genti, nella Lettera ai Filippesi, esprime il senso della trasformazione che si attua con la partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo, indicandone la meta: che “io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,10-11). Il Battesimo, quindi, non è un rito del passato, ma l’incontro con Cristo che informa tutta l’esistenza del battezzato, gli dona la vita divina e lo chiama ad una conversione sincera, avviata e sostenuta dalla Grazia, che lo porti a raggiungere la statura adulta del Cristo.
Un nesso particolare lega il Battesimo alla Quaresima come momento favorevole per sperimentare la Grazia che salva. I Padri del Concilio Vaticano II hanno richiamato tutti i Pastori della Chiesa ad utilizzare “più abbondantemente gli elementi battesimali propri della liturgia quaresimale” (Cost. Sacrosanctum Concilium, 109). Da sempre, infatti, la Chiesa associa la Veglia Pasquale alla celebrazione del Battesimo: in questo Sacramento si realizza quel grande mistero per cui l’uomo muore al peccato, è fatto partecipe della vita nuova in Cristo Risorto e riceve lo stesso Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti (cfr Rm 8,11). Questo dono gratuito deve essere sempre ravvivato in ciascuno di noi e la Quaresima ci offre un percorso analogo al catecumenato, che per i cristiani della Chiesa antica, come pure per i catecumeni d’oggi, è una scuola insostituibile di fede e di vita cristiana: davvero essi vivono il Battesimo come un atto decisivo per tutta la loro esistenza.
2. Per intraprendere seriamente il cammino verso la Pasqua e prepararci a celebrare la Risurrezione del Signore - la festa più gioiosa e solenne di tutto l’Anno liturgico - che cosa può esserci di più adatto che lasciarci condurre dalla Parola di Dio? Per questo la Chiesa, nei testi evangelici delle domeniche di Quaresima, ci guida ad un incontro particolarmente intenso con il Signore, facendoci ripercorrere le tappe del cammino dell’iniziazione cristiana: per i catecumeni, nella prospettiva di ricevere il Sacramento della rinascita, per chi è battezzato, in vista di nuovi e decisivi passi nella sequela di Cristo e nel dono più pieno a Lui.
La prima domenica dell’itinerario quaresimale evidenzia la nostra condizione dell’uomo su questa terra. Il combattimento vittorioso contro le tentazioni, che dà inizio alla missione di Gesù, è un invito a prendere consapevolezza della propria fragilità per accogliere la Grazia che libera dal peccato e infonde nuova forza in Cristo, via, verità e vita (cfr Ordo Initiationis Christianae Adultorum, n. 25). E’ un deciso richiamo a ricordare come la fede cristiana implichi, sull’esempio di Gesù e in unione con Lui, una lotta “contro i dominatori di questo mondo tenebroso” (Ef 6,12), nel quale il diavolo è all’opera e non si stanca, neppure oggi, di tentare l’uomo che vuole avvicinarsi al Signore: Cristo ne esce vittorioso, per aprire anche il nostro cuore alla speranza e guidarci a vincere le seduzioni del male.
Il Vangelo della Trasfigurazione del Signore pone davanti ai nostri occhi la gloria di Cristo, che anticipa la risurrezione e che annuncia la divinizzazione dell’uomo. La comunità cristiana prende coscienza di essere condotta, come gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, “in disparte, su un alto monte” (Mt 17,1), per accogliere nuovamente in Cristo, quali figli nel Figlio, il dono della Grazia di Dio: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” (v. 5). E’ l’invito a prendere le distanze dal rumore del quotidiano per immergersi nella presenza di Dio: Egli vuole trasmetterci, ogni giorno, una Parola che penetra nelle profondità del nostro spirito, dove discerne il bene e il male (cfr Eb 4,12) e rafforza la volontà di seguire il Signore.
La domanda di Gesù alla Samaritana: “Dammi da bere” (Gv 4,7), che viene proposta nella liturgia della terza domenica, esprime la passione di Dio per ogni uomo e vuole suscitare nel nostro cuore il desiderio del dono dell’ “acqua che zampilla per la vita eterna” (v. 14): è il dono dello Spirito Santo, che fa dei cristiani “veri adoratori” in grado di pregare il Padre “in spirito e verità” (v. 23). Solo quest’acqua può estinguere la nostra sete di bene, di verità e di bellezza! Solo quest’acqua, donataci dal Figlio, irriga i deserti dell’anima inquieta e insoddisfatta, “finché non riposa in Dio”, secondo le celebri parole di sant’Agostino.
La “domenica del cieco nato” presenta Cristo come luce del mondo. Il Vangelo interpella ciascuno di noi: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. “Credo, Signore!” (Gv 9,35.38), afferma con gioia il cieco nato, facendosi voce di ogni credente. Il miracolo della guarigione è il segno che Cristo, insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo interiore, perché la nostra fede diventi sempre più profonda e possiamo riconoscere in Lui l’unico nostro Salvatore. Egli illumina tutte le oscurità della vita e porta l’uomo a vivere da “figlio della luce”.
Quando, nella quinta domenica, ci viene proclamata la risurrezione di Lazzaro, siamo messi di fronte al mistero ultimo della nostra esistenza: “Io sono la risurrezione e la vita… Credi questo?” (Gv 11,25-26). Per la comunità cristiana è il momento di riporre con sincerità, insieme a Marta, tutta la speranza in Gesù di Nazareth: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo” (v. 27). La comunione con Cristo in questa vita ci prepara a superare il confine della morte, per vivere senza fine in Lui. La fede nella risurrezione dei morti e la speranza della vita eterna aprono il nostro sguardo al senso ultimo della nostra esistenza: Dio ha creato l’uomo per la risurrezione e per la vita, e questa verità dona la dimensione autentica e definitiva alla storia degli uomini, alla loro esistenza personale e al loro vivere sociale, alla cultura, alla politica, all’economia. Privo della luce della fede l’universo intero finisce rinchiuso dentro un sepolcro senza futuro, senza speranza.
Il percorso quaresimale trova il suo compimento nel Triduo Pasquale, particolarmente nella Grande Veglia nella Notte Santa: rinnovando le promesse battesimali, riaffermiamo che Cristo è il Signore della nostra vita, quella vita che Dio ci ha comunicato quando siamo rinati “dall’acqua e dallo Spirito Santo”, e riconfermiamo il nostro fermo impegno di corrispondere all’azione della Grazia per essere suoi discepoli.
3. Il nostro immergerci nella morte e risurrezione di Cristo attraverso il Sacramento del Battesimo, ci spinge ogni giorno a liberare il nostro cuore dal peso delle cose materiali, da un legame egoistico con la “terra”, che ci impoverisce e ci impedisce di essere disponibili e aperti a Dio e al prossimo. In Cristo, Dio si è rivelato come Amore (cfr 1Gv 4,7-10). La Croce di Cristo, la “parola della Croce” manifesta la potenza salvifica di Dio (cfr 1Cor 1,18), che si dona per rialzare l’uomo e portargli la salvezza: amore nella sua forma più radicale (cfr Enc. Deus caritas est, 12). Attraverso le pratiche tradizionali del digiuno, dell’elemosina e della preghiera, espressioni dell’impegno di conversione, la Quaresima educa a vivere in modo sempre più radicale l’amore di Cristo. Il digiuno, che può avere diverse motivazioni, acquista per il cristiano un significato profondamente religioso: rendendo più povera la nostra mensa impariamo a superare l’egoismo per vivere nella logica del dono e dell’amore; sopportando la privazione di qualche cosa - e non solo di superfluo - impariamo a distogliere lo sguardo dal nostro “io”, per scoprire Qualcuno accanto a noi e riconoscere Dio nei volti di tanti nostri fratelli. Per il cristiano il digiuno non ha nulla di intimistico, ma apre maggiormente a Dio e alle necessità degli uomini, e fa sì che l’amore per Dio sia anche amore per il prossimo (cfr Mc 12,31).
Nel nostro cammino ci troviamo di fronte anche alla tentazione dell’avere, dell’avidità di denaro, che insidia il primato di Dio nella nostra vita. La bramosia del possesso provoca violenza, prevaricazione e morte; per questo la Chiesa, specialmente nel tempo quaresimale, richiama alla pratica dell’elemosina, alla capacità, cioè, di condivisione. L’idolatria dei beni, invece, non solo allontana dall’altro, ma spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché colloca le cose materiali al posto di Dio, unica fonte della vita. Come comprendere la bontà paterna di Dio se il cuore è pieno di sé e dei propri progetti, con i quali ci si illude di potersi assicurare il futuro? La tentazione è quella di pensare, come il ricco della parabola: “Anima mia, hai a disposizione molti beni per molti anni…”. Conosciamo il giudizio del Signore: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita…” (Lc 12,19-20). La pratica dell’elemosina è un richiamo al primato di Dio e all’attenzione verso l’altro, per riscoprire il nostro Padre buono e ricevere la sua misericordia.
In tutto il periodo quaresimale, la Chiesa ci offre con particolare abbondanza la Parola di Dio. Meditandola ed interiorizzandola per viverla quotidianamente, impariamo una forma preziosa e insostituibile di preghiera, perché l’ascolto attento di Dio, che continua a parlare al nostro cuore, alimenta il cammino di fede che abbiamo iniziato nel giorno del Battesimo. La preghiera ci permette anche di acquisire una nuova concezione del tempo: senza la prospettiva dell’eternità e della trascendenza, infatti, esso scandisce semplicemente i nostri passi verso un orizzonte che non ha futuro. Nella preghiera troviamo, invece, tempo per Dio, per conoscere che “le sue parole non passeranno” (cfr Mc 13,31), per entrare in quell’intima comunione con Lui “che nessuno potrà toglierci” (cfr Gv 16,22) e che ci apre alla speranza che non delude, alla vita eterna.
In sintesi, l’itinerario quaresimale, nel quale siamo invitati a contemplare il Mistero della Croce, è “farsi conformi alla morte di Cristo” (Fil 3,10), per attuare una conversione profonda della nostra vita: lasciarci trasformare dall’azione dello Spirito Santo, come san Paolo sulla via di Damasco; orientare con decisione la nostra esistenza secondo la volontà di Dio; liberarci dal nostro egoismo, superando l’istinto di dominio sugli altri e aprendoci alla carità di Cristo. Il periodo quaresimale è momento favorevole per riconoscere la nostra debolezza, accogliere, con una sincera revisione di vita, la Grazia rinnovatrice del Sacramento della Penitenza e camminare con decisione verso Cristo.
Cari fratelli e sorelle, mediante l’incontro personale col nostro Redentore e attraverso il digiuno, l’elemosina e la preghiera, il cammino di conversione verso la Pasqua ci conduce a riscoprire il nostro Battesimo. Rinnoviamo in questa Quaresima l’accoglienza della Grazia che Dio ci ha donato in quel momento, perché illumini e guidi tutte le nostre azioni. Quanto il Sacramento significa e realizza, siamo chiamati a viverlo ogni giorno in una sequela di Cristo sempre più generosa e autentica. In questo nostro itinerario, ci affidiamo alla Vergine Maria, che ha generato il Verbo di Dio nella fede e nella carne, per immergerci come Lei nella morte e risurrezione del suo Figlio Gesù ed avere la vita eterna.

sabato 12 marzo 2011

Le tentazioni che ci allontanano dalla vocazione

Matteo 4, prima domenica di Quaresima:

"Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, / ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, / ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, / perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede».
Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo».
Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo/ e a lui solo rendi culto».
Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano."

Commento (qui un altro)
Nessun altro era presente; prima di incominciare il proprio ministero pubblico, lo Spirito spinge e guida Gesù in un deserto di preghiera e digiuno. Utile sì per incontrare il Padre e relazionarsi al meglio con lui, ma è ascesi faticosa: trascorsi quaranta giorni è affamato ed indebolito. In quel momento si avvicina il diavolo per tentarlo. Lo stesso capita all'uomo, quando la fiacchezza spirituale (sovente di chi si riempie di cose, ma si svuota d'animo) torna a farsi pressante in noi.
Le tre tentazioni sono quelle proprie del ministero di Gesù: la prima riguarda la fame. Gesù, pane di vita eterna, nel progetto del diavolo rischia di diventare un fornaio piuttosto che il Salvatore. La sua consapevolezza, la sua forza consiste nel sapere qual è il pane che sfama davvero la nostra penuria, e non di confondere le pietre per cibo. Il pane vero è altro: c'è un cibo più grande e c'è un'umanità più profonda, che va al di là del proprio stomaco. Alla prima tentazione, si risponde con l'intelligenza della distinzione: Gesù ci chiede di resistere al desiderio viscerale e cercare nel cibo spirituale la salvezza.
La seconda riguarda l'impegno nella propria vita. Noi sappiamo che per realizzare qualcosa di sé, occorrerà impegnarci e affrontare momenti di sofferenza. Il diavolo qui propone a Gesù una scorciatoia "gloriosa". Tuttavia quella demoniaca è una scorciatoia senza via d'uscita, sembra più facile, ma non realizza davvero la vita dell'uomo; lo conduce nel gorgo dell'abisso, lo imprigiona. L'esempio di Gesù ci mostra che solo sapendo affrontare le difficoltà, anche noi sapremo condurre bene la nostra vita, trovando il vero bene. Nell'adorazione del Signore troviamo la via per una felicità beata.
Anche la terza tentazione è umanissima: mettere alla prova l'amore di Dio per noi. Nelle intenzioni del demonio, però, c'è di più: il tentativo di mutare la nostra relazione di figli con Dio, plasmandola secondo i nostri desideri. Ci invita a fare un idolo di Dio, affinché possa poi subentrargli e sostituirsi a lui per guidarci. E' la ricerca della reiterazione della tentazione: lontani da Dio, spaventati nel mondo, gli uomini cercano un appiglio e le attenzioni del diavolo ci sviano dalla buona strada. Non che Dio non ci cerchi con la stessa costanza, al contrario. Ma noi, avendolo cacciato dai nostri cuori e sostituito con un dio-stracchino, non lo riconosciamo più.
Il diavolo esiste e cerca di allontanarci dalla nostra vita, cioè dall'amore di Dio, dalla nostra vocazione. Gesù, tuttavia, sa quello a cui andremo incontro e ci mostra un modo per superare le tentazioni. Durante la Quaresima in particolare siamo chiamati a oltrepassare le tentazioni, nell'attesa del Pane che ci sfami...

martedì 1 marzo 2011

Il cuore cerca comunque dove posarsi: nella gioia?

Acclamazione al Vangelo
(Mt 16,25) Alleluia, alleluia.
Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà,  dice il Signore;
chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.


Vangelo: Mc 10,28-31

Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Pietro disse a Gesù: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”.
Gesù gli rispose: “In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi”.




Commento:

Pietro e gli altri sono rimasti sconcertati dalla dura reazione di Gesù all'abbandono del giovane ricco che pensa di avere troppo da rinunciare per seguire davvero il Signore (nota bene: ha chiesto a Gesù la ricetta per la felicità, il Signore gliela da e a lui non va bene!). Gesù, sconsolato, ci confida che la ricchezza è un grande rischio, un pericolo per chi voglia davvero trovare la felicità, Sconcerto tra gli apostoli: non che nessuno abbia problemi di ricchezza: l'unico, Matteo, ha venduto tutto e non gli importa più nulla del denaro. Pietro, timidamente (ma probabilmente già immagina la risposta!) chiede conferma di questa teoria: loro hanno lasciato tutto, quindi sono a posto, no?
No, Pietro, anch'io sono dalla tua parte, ma non è proprio così. La ricchezza è questione di atteggiamento del cuore, non di spessore del portafoglio, la ricchezza può essere un'attaccamento eccessivo a un pensiero, a una persona, a un progetto e Gesù dice: l'unico che può colmare davvero il cuore sono io. Non è una minaccia, quella del Maestro, è una promessa: lui pretende di essere più di ogni bene, più di ogni affetto, più di ogni desiderio. La ricchezza, in questo, è perniciosa e ingannevole perché difficilmente realizza quella felicità che promette.
Ho incontrato persone riuscite e realizzate scontrarsi, nella vita, con la difficile realtà che la felicità è nei nostri cuori e il nostro desiderio è infinito. Gesù incoraggia Pietro: se davvero hai lasciato tutto, Pietro, riceverai cento volte tanto. Pietro non sa se essere contento o preoccupato, non sa ancora che dovrà staccarsi dalla cosa più difficile: l'immagine di se stesso buon apostolo, apostolo fedele. Solo nella fatica della sconfitta, nell'umiliazione del tradimento Pietro, infine, scoprirà di avere lasciato l'ultima cosa cui era legato: un falso amor proprio e lì, all'indomani della resurrezione, sul lago di Tiberiade, potrà – finalmente! – dire con verità che ora l'unica cosa che gli importa è quell'amore che ha visto negli occhi di Gesù mentre cercava di attirare a se il giovane ricco...

No, non abbiamo lasciato tutto Signore, e anche lasciare poco ci costa fatica. Ma tu insisti, Maestro buono e paziente, finché il nostro cuore capisca che solo in te trova riposo.