giovedì 18 settembre 2008

Domani incontriamo Bachelet (capire la politica di oggi...)

Venerdì pomeriggio l'oratorio, cioè i campetti in cui ieri qualcuno ha vinto quel bel match a calcetto e in cui Micheluzzo cerca di imparare a giocare a basket (tra un po' avrete anche la sorpresa del calcio femminile); venerdì alle ore 18 verrà intitolato a Vittorio Bachelet.
Ne avevamo già parlato, quindi non dev'essere un nome completamente nuovo. Fu un politico che venne ucciso dalle Brigate Rosse nel 1980, perché vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, un incarico difficile da accettare in quegli anni in cui i primi terroristi erano stati catturati e portati di fronte ai tribunali italiani.
La morte di Bachelet non segna la fine, non è un segno del fallimento e non considerarla come un modo privilegiato per comprendere la sua vita sarebbe un grave errore di prospettiva, una imperdonabile reticenza. Dobbiamo misurarci con quella morte che è diventata occasione di redenzione dal male della violenza.
Lo ripeto: la morte che diviene occasione di redenzione dal male della violenza.

Perché?
Perché durante il funerale, il figlio Giovanni (che, state attenti, sarà domani tra noi!!!) nella Preghiera dei fedeli perdonò i colpevoli, dicendo: « Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri ». E qualche anno dopo, in una lettera dei brigatisti inviata al fratello di Vittorio, si legge: «Ricordiamo bene le parole di suo nipote Giovanni, durante i funerali del padre. Quelle parole ritornano a noi e ci riportano là a quella cerimonia, dove la vita ha trionfato sulla morte, e dove noi siamo stati, davvero, sconfitti nel modo più fermo e irrevocabile».
Bachelet fu un "martire laico", ucciso per quei valori di laicità, di pace, di vita, libertà e democrazia per cui aveva sempre lottato; ma quegli stessi valori ritornano a sconfiggere i brigatisti, quelle parole di perdono sono un punto di non-ritorno, scardinano il movimento terroristico delle Br e ci restituiscono un Italia finalmente riappacificata nel suo interno.

Perché è importante per noi oggi?
Perché ci mostra come è il vivere nella sua totalità il messaggio cristiano di amore e vita che farà vincere la vita sulla morte. Non nel senso che in quanto cattolico ci si possa considerare superiore, anzi, Bachelet in proposito scrisse che non è dall'essere immediatamente cristiani che deriva un vivere bene nel mondo, ma sicuramente ci è data una capacità di lettura del mondo. Quale che sia la scelta dei cattolici variamente impegnati nella politica e nell'attività culturale e sociale, sembrerebbe comunque utile tener presente ciò che, sulla scia di Maritain, ripetevano Don Costa e Vittorio: "distinguere per non separare". Come disse Vittorio dimettendosi da presidente dell'Azione Cattolica: "l'amore alla vita, la difesa del diritto alla vita, l'accoglienza della vita debbono ispirare la legislazione e il costume, i rapporti di convivenza familiare, civile, internazionale. Ma non si vince l'egoismo mostruoso che stronca la vita se non con un supplemento d'amore, se non contrapponendo la capacità di dare la vita per il sostegno e la difesa degli inermi, degli innocenti, di chi vive in una insostenibile situazione di ingiustizia. Non si vince questo nostro egoismo se non riscoprendo il valore di ogni uomo perché figlio del Padre che dà la vita".
Oggi ci riguarda perché noi siamo nati dalle rovine causate dal terrorismo italiano, perché capire la politica di oggi è possibile solo conoscendo gli attori e i fatti di ciò che accadde ieri. Gli anni sessanta e settanta sono considerati anni di piombo, scardinare quella presenza inquietante (di rapimenti e attentati, e chi vive a Bologna deve sapere cosa è successo alla stazione nel 1980) è stato un momento di liberazione del Paese.
La vita politica odierna si configura ancora sull'inquietante presenza dei gruppi terroristici, alcuni dei quali rinati sulle ceneri dei vecchi, pensate al caso Biagi (ancora una volta ucciso a Bologna), o pensate alle semplici esternazioni di molti politici che utilizzano la paura come strumento per guadagnare voti.

Sperando che, al di là delle parole, sia chiara la testimonianza, vi lascio con una parte di un discorso fatta da Giovanni Bachelet ad un anniversario di un atto terrostico:
Nel ricordare Pertini, papà, gli eroici sindacalisti e cittadini democratici caduti qui a piazza della Loggia, c’è un unico, gravissimo dubbio che mi assale. Se valga per tutti quanto disse con disprezzo una rivista di quegli anni: se “il nostro caro Pertini, nella demagogia dello Stato assurto a Giovanni XXIII della Repubblica”, quello che anche da Presidente si paga coi soldi suoi il biglietto dei viaggi privati, non sia servito solo “come falsa coscienza, come foglia di fico” di un Paese irrimediabilmente corrotto e pasticcione. Mi chiedo, in questi momenti di sconforto, se sia valsa la pena di vivere, e in alcuni casi di morire, per un Paese che guazza sempre nell’imbroglio e nel complotto, e, anziché il meglio delle radici cristiane e socialiste, laiche e liberali della Resistenza e della Costituente, continua a mettere insieme il peggio del clericalismo, del post-comunismo e della massoneria, il peggio di Arlecchino e Pulcinella. Il peggio del peggio, insomma, magari in nome del realismo, del bene comune, perfino del riformismo; magari in modo tale da far sembrare rimbambiti o ingenui (a seconda dell’età) quelli che lottano per un’Italia giusta e pulita, per un’Italia normale.
Ma scaccio il dubbio e rispondo di no. Non è stata una foglia di fico, è stata la fionda di Davide. Lottare, anche in pochi, quando sembra impossibile vincere, è in ogni tempo un utile, anzi insostituibile servizio alla libertà e alla giustizia, alla verità e alla pace. È stata efficace, anzi decisiva la lotta dei partigiani come Pertini o Franco Salvi contro il fascismo. E negli anni tremendi delle bombe, degli attentati terroristici, dello scandalo Lockheed, della loggia P2, dell’esplosione della mafia, sono stati cruciali il servizio di Pertini, Moro o mio padre ai vertici della Repubblica, la responsabile eppure implacabile opposizione di Berlinguer, il coraggio di magistrati e giornalisti come Walter Tobagi, del quale ricorre oggi il venticinquesimo anniversario, la vigilanza democratica di sindacati e cittadini, qui a Brescia e in tutta Italia. [...]
Questi sacrifici sono serviti anche al bene di tutti. Hanno mostrato che, nei momenti difficili, pochi giusti coraggiosi sono sufficienti a inceppare la macchina del consenso al male, a risvegliare le coscienze, a salvare un intero Paese; hanno mostrato che la politica non è solo intrallazzo, ma può essere anche, come disse una volta il papa Paolo VI, la piú alta forma di amore e di servizio del prossimo; hanno cosí restituito speranza e fiducia nella politica, quella vera, ad un’intera generazione che allora aveva vent’anni, la mia generazione; e in alcuni di essi, fra cui me, alimentano ancora, trent’anni dopo, il coraggio e la voglia anzitutto di lavorare onestamente, senza pestare i piedi degli altri ma anche senza piegare la schiena; alimentano l’amore per la Repubblica e la Costituzione, anche oggi vilipese e oggetto di un diverso, ma non meno pesante attacco; consentono di pronunciare ancora parole come libertà, giustizia, verità e pace, senza né vergognarci quando ci guardiamo allo specchio in bagno (come dice il professor Sylos Labini), né sentirci rimbambiti o ingenui.

mercoledì 10 settembre 2008

Festa comunità 2008


Venerdì 12 serata dell'Albero di Cirene; ore 19: Festa multietnica con cena e stand.
Sabato serata campi, cena e stand e festona...
Domenica S. Messa dei giovani e poi pranzo assieme: ci siamo???

giovedì 4 settembre 2008