sabato 19 aprile 2008

I martedì della politica


Poi insegnando imparavo tante cose. Per esempio ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l'avarizia...

Nonostante quello che le voci di corridoio dicevano, martedì si è parlato di un argomento diverso: la politica. In fondo mi sembra pure giusto: domenica e lunedì c'erano state le elezioni; eravamo ancora caldi dal risultato, era opportuno gettare qualche informazione, qualche nozione e poi far partire un dibattito che è stato movimentato e confusionario, ma apprezzabile per qualche spunto. Cerco di riassumere qualcosa per mettere in luce come politica sia stare insieme, e ci si sta bene solo se si vuole ascoltare l'altro e crescere insieme; alla fine metto lo spezzone di film visto martedì, quello che Panna diceva d'aver già sentito e visto... (ovviamente leggete fino alla fine)

Partiamo dall'inizio, dalla democrazia, dal suffragio universale, dalla possibilità di eleggere i propri rappresentanti in Parlamento, in modo che le leggi che vengono istituite rappresentino il nostro volere, siano le leggi che vogliamo noi cittadini (per cui sarebbe illogico non rispettarle). Democrazia, o potere del popolo, "ha il nome più bello di tutti, isonomia, ovvero uguaglianza; in secondo luogo non compie nessuna delle cattive azioni del monarca: tinee le cariche per sorteggio e ne rende conto, riportando alla comunità tutte le deliberazioni" (Erodoto, Storie, III, 80).
La democrazia pone in essere l'esigenza di virtù, di maggiore moralità da parte dei cittadini, perché dal momento in cui sono inseriti in una rete relazionale così fortemente vincolata (se col mio voto, con la mia decisione, influisco sulla vita dei miei vicini di casa, spero che quanti mi stanno attorno scelgano ed agiscano con serietà e moralità), è necessario per l'uomo non comportarsi più come una bestia, smettere di pretendere di possedere tutte le cose, per cercare di vivere meglio tutti insieme. Per questo motivo la politica non si può esaurire nel "qui e ora", ma deve aprirsi al futuro, all'altrove e all'altro. La democrazia si basa, quindi, sul rispetto di sé, che comporta il rispetto dell'altro; sulla mia dignità in senso ampio e quindi sulla cura di me stesso, del mio linguaggio, della mia intelligenza, perché solo così può migliorare la mia attenzione per chi mi sta accanto. Democrazia non è realizzazione delle proprie pulsioni intestinali a scapito di tutti, ma è un cammino assieme, è vita comune.
Un punto teorico di cui non ci siamo occupati martedì, ma che mi pare sempre interessantissimo, è il ruolo della minoranza. La minoranza che ha meno potere in parlamento, che è rappresentata da meno deputati e senatori (ma questo si ritraduce in ogni situazione della vita, non solo in parlamento), ha comunque un ruolo importante, un impegno importante, che non è quello di far cadere il governo, ma di utilità per tutti, la sfida alla bontà della deliberazione presa, nell'aspettativa di prenderne un'altra diversa; la minoranza ha il ruolo decisivo, per impedire alla maggioranza di prendere decisioni unilaterali, di decidere da sé, senza preoccuparsi della bontà di quello che si decide: si sa che la forza dell'essere in di più rischia di obnubilare le coscienze; la minoranza, allora, deve mantenere un certo controllo allo strapotere di chi, realmente, ha il potere.
Il ruolo della minoranza è dialogico, di confronto serrato, di proponimento, di incontro; non di scontro.
La politica e la democrazia si fondano sull'ascoltare l'altro e accogliere quello che viene detto per poi risintetizzarlo; è come in una discussione a cui si partecipa, ognuno arriva con le proprie idee, le espone, cerca di convincere l'altro (magari dimostrando che la logica che utilizza non è ben strutturata, magari portando qualche dato), ma alla fine, tornandosene a casa, si accorge di aver cambiato idea, si accorge che la nuova consapevolezza che si è formato deriva da un mescolamento di idee tale che non si riesce più a sapere chi era il proprietario delle une o delle altre (in effetti, poi, le idee non hanno copyright).
La politica diviene un modo d'essere totale nella vita degli individui, rappresenta la discussione, la volontà di confrontarsi, invece che stare in panciolle di fronte al televisore. Raffigura la necessità dell'incontro e di crescita: ci si incontra con un altro solo se ci si accorge d'essere imperfetti: nell'altro c'è qualcosa che può arricchire. Decisivo è saper ascoltare, saper capire e riflettere su quello di cui si discute, senza basarsi troppo su alcuni istinti.
E' importante l'informazione, ma che sia un'informazione completa, non basata solo sulla cronaca di ciò che può fare maggior scalpore; la politica si fa tra uomini che usano la ragione, la discussione si fa ragionando, non partendo da principi istintivi o che solleticano il nostro io barbarico (di questo, degli immigrati e quant'altro, parleremo in un altro post...).
L'unica conclusione è che la democrazia è il luogo della civiltà, seppure lo è in forma imperfetta perché lì l'uomo deve sempre cercare di migliorarsi, non può mai dare per scontata la propria civilizzazione, né può ritenersi migliore degli altri.


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