mercoledì 21 maggio 2008

L'Eros è il concetto, la Bellezza l'oggetto

Il culmine, l'indicibile idea del bello.
Da ultimo, ieri sera, poco prima della conclusione abbiamo letto un diverso modo concepire l'amore attraverso un mito narrato nel Simposio di Platone, un dialogo arcaico che ci mostra come sia possibile l'incontro di persone diverse, che svolgono attività diverse, ma che sono unite da una medesima qualità, che come vedremo alla fine è la ricerca (intelligente, non sciocca) della propria felicità. Un po' come se fosse una diversa parafrasi del gruppo e degli incontri che facciamo.
L'estratto che abbiamo letto narra un mito, che è una componente della nostra vita, che spesso ci è più utile della razionalità per capire gli avvenimenti che accadono. Lo riporto di seguito:

Chi è Eros, chi è suo padre e chi sua madre?
E' piuttosto lungo a raccontare. Quando nacque Afrodite, gli dèi tenevano un banchetto, e tra gli altri c'era anche il figlio di Metis, Poros (espediente). Dopo il banchetto, Penìa (povertà) era venuta a mendicare, com'è naturale in un giorno di allegra abbondanza, e stava vicino alla porta. Poros aveva bevuto molto nettare (il vino, infatti, non esisteva ancora) e, un po' ubriaco, se ne andò nel giardino di Zeus e si addormentò. Penìa, nella sua povertà, ebbe l'idea di avere un figlio da Poros: così si sdraiò al suo fianco e concepì Eros. Ecco perché Eros è compagno di Afrodite e suo servitore: generato durante la festa per la nascita della dea, Eros è per natura amante della bellezza - e Afrodite è bella.
In quanto è figlio di Poros e di Penia, ad Eros è toccata siffatta sorte. Anzitutto è sempre povero e ben lungi dall'essere morbido e bello, come crede il volgo; piuttosto è ruvido e irsuto e scalzo e senza asilo, si sdraia sempre per terra, senza coperte, dorme a cielo scoperto davanti alle porte e sulle strade, e possiede la natura della madre, sempre dimorando assieme all'indigenza. Secondo la natura del padre è coraggioso e precipitevole, veemente, è un mirabile cacciatore e ordisce astuzie, è desideroso di saggezza
.

La spiegazione del mito ci riporta a noi stessi, perché Eros è colui che cerca, e l'innamorato è sempre alla ricerca di qualcosa:

Nessuno degli dèi ama la sapienza, né desidera diventare sapiente, perché lo è già. Nemmeno gli ignoranti amano la sapienza ... l'ignoranza è insopportabile, nel credere, da parte di chi non è né bello né eccellente, e neppure saggio, di essere adeguatamente dotato. Chi non ritiene di essere privo (l'ignorante che non sa di essere tale, che si crede dotato), non desidera ciò di cui non crede di aver bisogno ...
Eros sarà amante della sapienza, a causa della sua nascita ... ciò che ama ha questa figura, vive di questa ricerca dell'altro
.

L'amore è la ricerca della felicità, è la ricerca della bellezza, la ricerca di qualcosa che possa riempire un vuoto che abbiamo dentro. Ma con una precisazione, perché siamo veramente innamorati solo se cerchiamo col giusto metodo le cose. Amore è collegato alla ricerca della verità e della felicità e il domandare la felicità significa volersi porre sul cammino di ricerca, accettare le sue regole e confrontarsi con essa. Eros ha in sé la capacità di trovare la strada per realizzarsi, bisogna però riconoscere di non avere nulla e voler cercare.
Al di là della spiegazione, che forse richiede più d'una lettura, ogni mito ha in sé la possibilità di essere letto da ognuno a seconda dei sentimenti che ognuno prova: offre ad ognuno di noi un qualcosa di differente.

Dopo abbiamo scelto alcune frasi che potevamo apprezzare da un foglietto e abbiamo cercato di commentarle insieme; un po' tutte sottolineavano come non sia l'apparenza delle cose ad avere valore (Se ci accontentiamo di apparire che vantaggio abbiamo? prima o poi la verità verrà a galla), non la semplicità di certi rapporti nei quali non mi metto in gioco, ma quanto ci impegniamo noi stessi, con la nostra propria vita, nelle cose che facciamo.
L'impegno e la ricerca ci conducono alla bellezza dell'amore (e forse questa è la degna conclusione), impegno e ricerca che significano che ogni momento è serio, ma non serioso, perché sennò sprechiamo le cose che facciamo.

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