martedì 27 gennaio 2009

La resurrezione: centro della fede

Dall'incontro di domenica nel cammino verso la prof. di fede. Questo è un primo post sul cuore e compendio della fede. Più quesiti riuscite a porre (dubbi, critiche o frasi che mostrano d'accettare e d'aver compreso il ragionamento) meglio è...

Dagli Atti degli Apostoli, 25: "I sommi sacerdoti e i capi dei Giudei gli si presentarono per accusare Paolo e cercavano di persuaderlo, chiedendo come un favore, in odio a Paolo, che lo facesse venire a Gerusalemme; e intanto disponevano un tranello per ucciderlo lungo il percorso. Festo rispose che Paolo stava sotto custodia a Cesarèa e che egli stesso sarebbe partito fra breve. «Quelli dunque che hanno autorità tra voi, disse, vengano con me e se vi è qualche colpa in quell'uomo, lo denuncino». [...] Erano trascorsi alcuni giorni, quando arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce, per salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re il caso di Paolo: «C'è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono con accuse i sommi sacerdoti e gli anziani dei Giudei per reclamarne la condanna. Risposi che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l'accusato sia stato messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall'accusa. Allora essi convennero qui e io senza indugi il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell'uomo. Gli accusatori gli si misero attorno, ma non addussero nessuna delle imputazioni criminose che io immaginavo; avevano solo con lui alcune questioni relative la loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita. Perplesso di fronte a simili controversie, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme ed esser giudicato là di queste cose. Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio dell'imperatore, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare». E Agrippa a Festo: «Vorrei anch'io ascoltare quell'uomo!». «Domani, rispose, lo potrai ascoltare».

Di tanti brani sulla resurrezione questo è il racconto che ne dà un soldato romano al re Agrippa e a sua sorella; (altri sono la lettera ai Corinzi, 1Cor 15,3-11 che abbiamo letto domenica; o il racconto dei Vangeli, ad esempio Gv 20,1-18).
Nella stesura dei Vangeli, che non sono la cronaca in diretta delle opere di Gesù, né sono uno scritto di Gesù stesso, la parte della morte e della resurrezione è stata la prima a venire redatta, perché su di essa si fonda la centralità e l'unicità del messaggio cristiano e della testimonianza di Gesù.
Va da sé che tutto acquista un senso con la resurrezione: tutta la predicazione (che è vita) di Cristo trova un senso nel compimento della Parola di Dio. La resurrezione è il nucleo della fede perché è la rivelazione dell'amore di Dio, è la realizzazione del disegno d'amore di Dio che dona suo figlio e che sconfigge la morte, mostrando all'uomo che è possibile fidarsi di lui e che è lecito farlo. La resurrezione dà compimento alla Parola di Gesù, perché mostra che Dio non dimentica nessuno e che è veramente la via per uscire dalla nostra condizione di debolezza e di maledizione.

Questo è comprensibile se consideriamo il kerigma nella sua completezza: passione-morte-resurrezione. La morte di Gesù è sicuramente il punto più basso (anche la passione mostra l'ingresso di Gesù e la presenza di Dio in ogni punto della vita umana, in proposito mi piacque molto la Via Crucis della Gmg a Koln, chi vuole la può consultare qui), il punto di non-ritorno: presso essa i discepoli vacillano - e alcuni non avevano compreso e si erano rifiutati di giungere a Gerusalemme sapendo ciò che sarebbe toccato a Gesù. Inoltre la morte sulla croce è veramente quanto di più abietto possa capitare (Deut 21, 23: Maledetto chi pende dal legno; Gal 3, 13), sia perché per gli Ebrei era simbolo di maledizione, sia perché, oltre al dolore immane, si veniva trattati nel modo peggiore. La crocifissione e la morte sono simbolo ed espressione concreta della malvagità che sonnecchia nel cuore dell'uomo, del desiderio bestiale di vendetta. Rappresentano, anche per questo motivo, il supplizio peggiore per una società fondata sul binomio onore/disonore.
Non ha senso la morte. Lo acquista solo di fronte alla tomba vuota; questa è una domanda che attende risposta, non è ancora la consapevolezza della resurrezione. La resurrezione mostra che Dio è sceso negli abissi dell'uomo, che Gesù è presente e si è caricato della morte di tutti coloro che vivono nella morte. La morte è la proprietà più intima dell'uomo, e lì è possibile incontrare Gesù ed incontrarlo non solamente nel dolore, ma nella liberazione. Seguirlo per uscire e liberarsi alla vita. Dio dispone del potere sulla morte, è presente anche in essa e ci ama così a fondo che nessuno può considerarsi tanto maledetto da non avere più nessuno che lo ami.
La morte e la croce, il dono dello Spirito acquisiscono senso solo alla luce della resurrezione. E' questa la condizione di massima presenza di Dio, perché non è solo un Essere da adorare, ma è realmente presente in noi, vicino a noi, in mezzo a noi.

La resurrezione ci presenta un Gesù realmente presente a noi; essa non è solo il ritorno alla vita del passato, ma è una nuova nascita. Non è un evento isolato, ma è un evento che si apre al futuro e che dà significato al nostro agire, perché lo inserisce in una storia di amore. La parola di Gesù, la sua vita, è la presenza significante che permette all'uomo di non disperdere le proprie forze, ma di trovare un significato alla propria vita: si passa dal dubbio ad una situazione di sicurezza e certezza: i patti non verranno traditi. E' così anche per i discepoli, che dopo la resurrezione diventeranno Chiesa.

A mo di conclusione e preghiera:
se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.

1 Cor 15, 12-28

Nessun commento: