lunedì 18 gennaio 2010

Felicità Beata nell'esperienza di Dio (1° parte)

Qui il testo del brano (inserire Mt5,1-12).
Qui quanto ne scrive il catechismo.

Anzitutto si noti la struttura delle Beatitudini: la figura retorica dell'inclusione, l'ottava B. riprende alla lettera la prima e suggeriscono che le Beatitudini sono inquadrate sotto il segno del Regno. A metà, la quarta B. è ricollegabile all'ottava mediante il tema della giustizia, possibilità dell'operare responsabile dell'uomo, ma realmente dono gratuito di Dio.
Divise in due tronconi, le prime quattro strofe sono costruite per antitesi (per contrasto: voi che studiate il contrappasso, dovreste intendervene...); le ultime quattro per connaturalità. Si è soliti ritenere che la nona beatitudine sia rivolta ai discepoli (voi) e si ritiene che per le folle il discorso delle B. ne trasmetta otto. L'armonia della composizione difende questa concezione; le prime quattro sono composte di 36 parole, così come le seconde quattro. La nona di 35. E, senza lanciarsi in un discorso numerologico troppo accurato (che comprende un'analogia con l'ottuplice via che secondo Budda conduce all'illuminazione), riprendiamo la spiegazione di S. Agostino: musicalmente, all'interno della scala, l'ottava riprende la tonica e la riprende trasformata; così le beatitudini riplasmano l'uomo come era stato originalmente pensato nella creazione. L'otto rappresenta l'ottavo giorno, quello della risurrezione. In questo senso sono una realizzazione della felicità del paradiso già in questa vita.

Leggendole una ad una (e qui lo faremo per le prime quttro), ci accorgiamo di come l'annuncio gioioso di Gesù corrisponda ad una trasformazione necessaria. Coincidono sia la consolazione che l'esortazione all'azione: consolati ed amati per ciò che siamo, ci è indicata la via verso la felicità (che Matteo raffigura come via verso l'apice del monte; e che Dante riprende).

1. Beati i poveri in Spirito: sono coloro che non fanno dipendere il proprio valore dalle cose esteriori, sono coloro che non sono succubi della moda e della necessità di avere status symbol di riferimento. Sono quanti possono parlare liberamente, senza aver l'ossessione di doversi sentire impostati per essere importanti. La loro indipendenza dalle cose li rende liberi interiormente: non sazi e quindi disponibili. Inoltre sono capaci di condividere ciò che hanno, ponendosi al di là di ogni logica di sfruttamento. Sono aperti al dono di Dio, che li riempie realizzando la loro felicità: nel regno di Dio l'uomo trova il proprio sé.
2. Beati gli afflitti: pur rappresentando tutta l'umanità consapevole delle proprie imperfezioni, ne individua la capacità di ricevere consolazione per quanti sono capaci di vivere la propria condizione, senza fuggirla trovando facili scappatoie o alternative (volete esempi?), false speranze o stereotipi. L'elaborazione di un lutto (inteso come perdita quotidiana), intesa come congedo da ogni illusione, è positivo e allontana dalla depressione, dalla sterilità e dall'improduttività interiore. Il presupposto della consolazione è insito nello Spirito che assiste e fa vivere in altro modo ciò che il lutto toglie.
3. Beati i miti: sono gli umili, quanti avvertono l'esigenza di mitezza nelle cose umane, tenendosi distanti dall'aggressività e dalla violenza. E' il desiderio di un mondo diverso. Sono coloro che sono capaci di raccogliere tutto di sé, anche gli errori; che hanno uno sguardo lungo e profondo che permette loro di non accusare gli altri, ma di farsi servitori degli altri. Non sono sprezzanti degli altri, né di se stessi: sono capaci di accettarsi per ciò che sono. Il loro orizzonte è la Terra...
4. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia: sono coloro che non si accontentano dello schermo di legalità messo sulle cose, ma mettono in questione i potenti. Sono i misericordiosi. La giustizia ricapitola tutte le virtù: il giusto, quindi, non cerca più il proprio volere, ma accetta ciò che gli viene affidato da Dio e lo realizza attraverso una via virtuosa (!!!). La fame e la sete implicano l'impegno necessario e il desiderio ardente che sta dietro ogni buona azione: l'indolenza è, infatti, l'atteggiamento di chi non si impegna.

Gli altri, nel prossimo post...

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