sabato 8 maggio 2010

Una lezione alla scuola di Barbiana. (una sola?)

Gita giovanissimi 1/2 maggio 2010

Salire sul monte di Barbiana, sabato mattina, per incontrare i luoghi di don Lorenzo Milani, con un gruppo di 40 giovanissimi, mi ha ricordato l'ascesa a Monte Sole di quest'estate. E se i luoghi di Monte Sole, con la loro tragedia, ci urlano il dolore provocato dall'uomo che si sostituisce a Dio e che uccide il povero e il contadino: che uccide chi è ultimo perché ritenuto inferiore, secondo un ordine e una giustizia propri e totalmente umani; Barbiana, al contrario, ci sussurra la possibilità alternativa di un mondo in cui non trionfino le società dei consumi, le società dell'individualismo sfrenato, dell'invidia e della guerra. È la possibilità di una comunità in cui, attraverso un'educazione e una formazione guidate dall'amore per il prossimo, si aiuta l'ultimo a sentirsi fratello: gli ultimi e i poveri non più considerati quali oggetti da sfruttare, ma liberi di liberarsi dalla propria condizione di subalternità.
Barbiana diviene il Monte in cui l'espressione della giustizia divina, vaticinata dal profeta Amos, teorizzata da S. Paolo, ma raffigurata dal Gesù dei vangeli, e delle Beatitudini in particolare, trova forma. In primis nello stare con gli ultimi e nell'essere al servizio dei poveri, perché presso di loro è possibile incontrare Gesù che si è fatto ultimo per noi; nel fare comunità e nel darsi per gli altri; infine, nella convinzione che l'eguaglianza non si realizza facendo “parti uguali tra diseguali”.

A noi giovanissimi poteva interessare il discorso sulla Scuola: l'accusa di don Milani alle ingiustizie di una scuola che fomentava la competizione, invece che favorire l'istruzione e l'aiuto reciproco, e di cui individuava i limiti, tuttora attuali, nella difficoltà educativa. Di certo non per lamentarci del brutto voto o del professore cattivo, ma per prendere don Milani da esempio e portarlo nella nostra società e nella nostra scuola per renderle migliori. Un discorso non solo scolastico, ma politico, totale. Per essere lontani dalla politica che rifiuta la cultura o che propone il facile successo di matrice televisiva come obiettivo in cui l'uomo è specchio di se stesso; nella volontà di crescere, di migliorare assieme agli altri, di uscire assieme dai problemi. Perché la scuola di Barbiana non è solo scuola, non riguarda solo chi educa, ma è un monito a tutta la società e ad ogni parte (carisma) delle nostre comunità.
Ed è un cammino che dobbiamo compiere, una salita che ci libera il cuore dalle pesantezze del mondo: facendoci incontrare il povero, l'ultimo, lo riconosciamo come fratello, ci riconosciamo in lui e ci riconosciamo come fratelli, quindi come figli. Stare con l'ultimo, nel tentativo di liberarlo, se non dall'indigenza economica, almeno da quella del cuore: dalla solitudine e dall'abbandono, libera anche noi. Non come merito nostro: in quel fare comunità si incontra Gesù, il liberatore vero.
È un cammino in salita, non facile, perché la libertà a cui conduce non è quella della società di massa: un perdersi nel nulla; è un trovarsi nell'altro, nell'escluso, nel diverso e nell'Altro, il maledetto che pende dal legno. È una libertà di chi ha scelto la vita in Gesù.
È il cammino dell'edu-care, dalla croce uncinata alla croce di Cristo, da Monte Sole a Barbiana, dalla giustizia ingiusta dell'uomo a quella misericordiosa dell'amore di Dio, al Golgota, passando per la Montagna di Matteo 5-7 in cui centrale è il Padre Nostro. Al monte che Egli ci ha indicato (Mt 28, 16).

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